1221 Beirut

1221, novembre
Giovanni di Ibelin, signore di Beirut, concede ai genovesi libertà di commercio e propria giurisdizione in Beirut, le case già di proprietà di Rubaldo Corvo e la facoltà di usare un giorno alla settimana il bagno situato davanti al castello, oltre ad assicurare la protezione dei naufraghi.

Terrasanta_6

Documento membranaceo, mm 270 x 270. AS Ge, Archivio Segreto, 2722, n. 31. Bibliografia: Liber iurium, I, 1854, n. 569; I Libri Iurium 1992-2002, I/2, n. 349; Tutti i genovesi 2015, pp. 52-53.

Il commercio dei genovesi con la Terrasanta prende vita dopo la terza crociata, sostenuto da gruppi familiari come i de Bulgaro, i de Castro, i de Cruce, i Doria, i Grimaldi, i de Mari, i de Nigro, i de Pallo, gli Strigliaporco, gli Usodimare, i de Volta. Nei contratti commerciali compaiono sovente destinazioni multiple: a volte la costa siro-palestinese è posta in sequenza con Alessandria d’Egitto: per riveriam Solie usque ad Alexandriam; a volte si manifesta la possibilità di percorrere l’intero bacino mediterraneo meridionale, specificando che ci si porterà Ultramare causa mercandi et inde Alexandriam vel Septam. Al principio del XIII secolo si segnala l’apertura di una nuova direttrice di traffico che ha come meta finale Aleppo, importante centro di produzione e smercio del cotone nella Siria interna. I genovesi, a differenza dei veneziani, non arrivano a siglare un trattato ma risultano ampiamente presenti nella zona, come mostrano i contratti commerciali che recano espressioni quali per riveriam Solie usque ad Halep. L’apertura del commercio con Aleppo è da connettere, oltre che con la presenza genovese a Tiro, con la concessione al Comune di diversi privilegi da parte dei principati circostanti: nel 1201 Leone II della Piccola Armenia concede ai genovesi protezione, libertà di commercio, aree per erigere abitazioni, fondaci e chiese a Sis, Mamistra e Tarso, oltre che propria giurisdizione in tutto il regno; nel 1203, nel 1205 e nel 1216, Boemondo IV e Rupino di Antiochia stipulano accordi relativi a Tripoli, Antiochia e San Simeone. Nel 1221 e nel 1223 Giovanni di Ibelin, membro di una delle famiglie più influenti di Terrasanta e signore di Beirut, assicura a tutti i genovesi presenti in Oltremare franchigie doganali – ad eccezione di merci quali vino, olio e grano -, l’approdo gratuito per le loro imbarcazioni, una propria curia, alcune case, l’uso esclusivo, al giovedì, del bagno pubblico davanti al castello e la proprietà di un forno con le relative pertinenze nel bosco prospiciente le mura. Nel 1222, a seguito di alcuni scontri verificatisi ad Acri con i pisani, i genovesi proclamano il devetum contro la città, dirottando le proprie merci e i propri capitali su Beirut. La misura – che, peraltro, non intralcia il traffico pisano – sarà di breve durata ma avrà l’effetto di cementare l’alleanza tra i genovesi e gli Ibelin, che avrà un peso nella successiva lotta tra i baroni del regno, capeggiati dalla potente famiglia oltremarina, e Federico II, sviluppatasi al principio degli anni Trenta del secolo.

A.M.